“LA MAPPA MAGICA”: CARTOGRAFIA FRA SPORT, CULTURA E TURISMO
Il territorio friulano, al pari di altri luoghi d’Italia, ha alcuni posti di veduta particolari ed eccezionali, determinati proprio dalla configurazione morfologica del tutto originale della regione: dal mare si vedono le montagne e dalle montagne si vede il mare. Le descrizioni dei geografi e non solo ricordano questa particolarità: dal Nievo al Marinelli, dai depliant turistici di Turismo FVG alle guide del Touring Club. Luoghi speciali che siamo sempre meno abituati a considerare e a frequentare, presi come siamo da un mondo dove le immagini dei luoghi continuamente ci accompagnano, ci perseguitano, spesso in maniera ossessiva e non lasciano spazio alla riflessione ed alla conoscenza. E noi stessi alimentiamo questa ossessione: basti pensare a quando diventiamo “ turisti” o “viaggiatori”, non per conoscere, per muoversi, per capire, ma per riprendere, fotografare, documentare: non vediamo più, ma vediamo solo e soltanto attraverso l’obiettivo di quello strabico strumento che è la macchina fotografica digitale. Per conoscere un territorio bisogna aver tempo, bisogna prendersi il tempo, bisogna camminare, bisogna guardare e sapere cosa vedere. I luoghi sono sensazioni, sono emozioni come quelle provate ad esempio dal grande fotografo friulano Attilio Brisighelli, quando nel 1937 scattò, dal Colle di Buttrio, luogo di veduta speciale, la notissima e straordinaria fotografia panoramica delle Alpi Giulie. Le stesse emozioni le devono aver provate i primi cartografi o topografi o i primi disegnatori che per qualche incarico speciale hanno avuto il compito di rappresentare su carta i luoghi, i territori, gli spazi vissuti.
Ma la carta non è solo rappresentazione è soprattutto comunicazione e così fin dalla più remota antichità l’uomo ha avuto il bisogno di comunicare, molto prima che con la scrittura, con segni, schizzi e tracce il senso del dove, del vicino in relazione al lontano, rappresentando dapprima gli spazi del proprio vissuto quotidiano, della propria civiltà di villaggio, per ampliarsi poi alle terre più lontane e al cosmo stesso. Ed è proprio questo l’antico fascino che spinge tutti ad essere attratti dalle vecchie carte e mappe, non solo per le loro valenze artistiche, ma per quello che comunicano e rappresentano: la conoscenza dei luoghi, le loro caratteristiche più profonde, e soprattutto l’organizzazione del territorio e l’idea dello spazio che sta alla base della civiltà e della cultura delle comunità che la esprimono. Le carte raccontano, entro i limiti da loro stesse definiti, di terre, di luoghi e dei loro nomi, di fiumi e di campi, di strade e di alture, dei segni dell’uomo e della natura, e trasmettono, per chi sa leggerlo, il senso profondo di un territorio, quella identità che lo rende unico ed originale. Chi può negare di non aver mai passato alcuni momenti della sua vita a fantasticare sulle pagine di un atlante o a percorrere con la mente ripidi sentieri di montagna guardando le mitiche tavolette dell’IGM a scala 1:25.000, o ancora ha cercato di essere novello esploratore, guidati dalle affascinanti carte di National Geographic, ed infine con il classico filo o la squadretta ha misurato le distanze o ha calcolato i dislivelli che lo distanziavano dalla meta?
Giochi, ma anche conoscenza e suggestioni: le carte talvolta presentano degli aspetti inquietanti, misteriosi, speciali, quasi ci fosse stata una regia nel disseminare dei piccoli segni, dei piccoli indizi per condurre il viaggiatore curioso, in luoghi speciali. Ma quali carte? Quali luoghi da rappresentare? E come rappresentarli? Quali informazioni dare e mettere in luce?
Le risposte si trovano nella storia stessa della cartografia: una storia che svela le finalità delle carte e delle motivazioni che spingono a produrle. Ma il cartografo ha un sogno nel cassetto che è quello di produrre la carta perfetta, quella carta magica che ha la capacità di mutare a seconda del lettore, a seconda di chi la usa. Una carta che a seconda del bisogno si dilata e si restringe a comprendere nuovi territori e contemporaneamente a escluderne altri. E allora ecco la domanda che tutti i cartografi si pongono: esiste in realtà un carta segreta, magica?
Tra tutte quella che più si avvicina è quella di orienteering:
Carta semplificata, ma precisa;
Carta muta ma che parla;
Carta orientata, ma che disorienta;
Carta per spostarsi, ma anche per fermarsi;
Carta per competere, ma che fa comprendere…
Carta che non solo è a grande scala, ma è una grande carta.
Prof. Mauro Pascolini
Docente di Geografia Umana
Università degli Studi di Udine